sabato 18 aprile 2009

KOSOVO: GUERRE NASCOSTE TRA PONTI E MONASTERI

Prima di riimmergermi nella follia romana, vi racconto un po' di quella balcanica..
Allora, stasera i serbi celebrano la Pasqua ortodossa, e nei meravigliosi monastesteri sparsi in questa terra grande piu' o meno quanto l'Umbria, le cerimonie andranno avanti dalla mezzanotte fino alla mattina di domani. Speriamo vada tutto bene, visto che i serbi sono una minoranza, diciamo poco amata in questa ex regione della Serbia a maggioranza albanese e musulmana, che da un anno ha proclamato l'indipendenza. Comunque dovrebbe filare tutto liscio visto che qui ogni monastero e' presidiato notte e giorno da camionette della Kfor (militari Nato in Kosovo). Incredibile no? Ma verissimo: molte chiese e i monasteri, simbolo delle radici serbe di questa terra sono state fino a qualche anno fa, assaltate e bruciate da gruppi di albanesi (che, a loro volta, pochi anni prima erano stati perseguitati dalla pulizia etnica di Milosevich). Solo i soldati hanno pototuto proteggere gli affreschi medioevali che ricoprono l'interno dell'imponente monastero di Decani, il piu' importante tra questi luoghi sacri ( tra l'altro guidato da un ganzissimo padre Sava, ex leade di un gruppo rock serbo), e comunque, i vetri antiproiettili della cabine dei militari appaiono disegnati da raffiche di mitragliate.

Stasera noi non andiamo piu' alle cerimonie (non perche' spaventati dalle 4-5 ore di funzione!! :-)) per un incidente, (per fortuna non grave), capitato alla mia compagna di viaggio.. e, in realta', ve lo vorrei raccontare perche' aiuta bene a spiegare qual'e' la situazione qui. Insomma stamattina siamo andati a Mitrovica che e' la citta' del nord del Kosovo intorno a cui si concentrano i circa 100.000 serbi che ancora abitano questo paese. In realta' la citta' e' divisa a meta': la parte a sud del fiume Ibar e' albanese, quella a nord e' serba. In mezzo, sul ponte, ci sono (indovinate?) i militari della Kfor. Noi stamattina lo abbiamo attraversato, passando dalla parte albanese a quella serba. Il che vuol dire passare da stradine rumorose con negozietti in stile turco e parecchia spazzatura nelle strade, a vie squadrate, pulite e silenziose. Significa spostarsi da un'atmosfera euforica ad una nervosa, impaurita, in cui anche i ragazzi non vogliono farsi fotografare. L'attraversamento e' poi ben segnalato graficamente: si lasciano drappi rossi con l'acquila albanese esposti in ogni balcone, vetrina o edificio pubblico (insieme alla bandiera kosovara e a quella americana) e si trovano tricolori serbi esposti in giro, a volte insieme a cartelli che tuonano "Kosovo e' Serbia". Diciamo che nell'intento di fotografare questo contrasto la mia amica, (capita..) si e' presa una forte storta. E diciamo che nella sfiga eravamo contenti che fosse capitato proprio nella parte "precisa" della citta'. Infatti subito l'ambulanza l'ha portata all'ospedale, fatto lastre (per fortuna niente di rotto) e fasciatura in un'ora e poi chiamato il taxi per tornare. Ora c'era solo il problema che il taxi serbo arriva solo fino al fiume: come tutte le macchine anche dall'altra parte, l'attraversamento e' tabu! E praticamente impossibile: "Certo che dovete attraversare il ponte da soli!", mi ha detto l'infermiera che aveva appena finito di mettere una specie di gesso alla mia amica, che evidentemente non poteva camminare. Alla fine nell'attraversamento ci ha simpaticamente accompagnato polizia kosovara. A parte il gesso e naturalmente la scocciatura, tutto a posto alla fine per noi, pero', che storie ..

Foto di Alessia Leonello: militare italiano saluta un monaco nel monastero di Decani

1 commento:

  1. ludo mi piacciono molto i tuoi racconti. è un po' come stare in viaggio con te...
    grazie e a presto!

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